Pizzo Diavolo di Tenda
Come la Presolana, il Pizzo del Diavolo di Tenda è una delle montagne simbolo delle Orobie. Con i suoi 2914 metri di altezza è la vetta più alta della valle Brembana. Difficile non notarlo; imponente nella sua perfetta forma piramidale, si eleva sopra la conca del Calvi, fianco a fianco del più piccolo, ma non per questo meno impegnativo, Diavolino. E’ proprio qui, ai piedi di queste due vette orobiche che, quasi per magia, nasce uno dei principali fiumi della bergamasca: il fiume Brembo.
Descrizione del percorso
Una sola premessa: l’ingresso all’area del parco è a pagamento. Occorre quindi munirsi di ticket al costo di un euro che è possibile acquistare presso ogni punto d’ingresso. Imbocchiamo il sentiero sud che inizia appena sotto il Monastero di San Pietro in Lamosa.
Questa lunga ed impegnativa escursione prende il via da Carona, in alta val Brembana, all’imbocco della strada (solo per veicoli autorizzati) che in breve porta all’abitato di Pagliari. Si prosegue poi lungo il segnavia 224 CAI, con direzione verso il Rifugio Longo. E’ lungo questo facile tratto che incontro l’amico Francesco Casati (http://www.lemieorobie.com/) con il quale avrò il piacere di condividere questa emozionante mia prima salita sul Pizzo del Diavolo di Tenda.
Una breve pausa presso il confortevole rifugio Longo con un buon thè caldo e via, si riparte! Si prosegue quindi alle spalle del rifugio, sino a raggiungere il vicino Lago del Diavolo. Da questo punto sono possibili diversi itinerari: verso il Pizzo Cigola, il Monte Aga oppure il monte Venina ed il Masoni. Noi pieghiamo a destra, attraversando la diga del Lago del Diavolo, e proseguiamo lungo il sentiero, sempre ben segnato, che raggiunge il Passo Selletta, a quota 2372 metri, ottimo punto panoramico sul Monte Aga, il Rondenino, i Diavoli, il Poris, il Grabiasca e tutte le altre prestigiose cima che sovrastano e contornano la Conca del Calvi.
Ora si scende lungo la Val Camisana (segnavia 248 CAI), in direzione del Passo di Valsecca, sino ad incrociare il sentiero che sale dal Rifugio Calvi verso la bocchetta di Podavit. In realtà, volendo abbreviare un poco il tragitto e, soprattutto, evitare di perdere troppo dislivello, è possibile scendere di poco dal passo Selletta e quindi piegare a sinistra lungo una traccia di sentiero (non facilmente individuabile) che poi attraverserà l’ampio ghiaione alla nostra sinistra, sino a sbucare proprio sotto la bocchetta Podavit. E’ una scorciatoia della quale però non è facile individuare l’imbocco ma che successivamente risulterà sempre segnata da bolli rossi ed omini di pietre.
Ora si scende lungo la Val Camisana (segnavia 248 CAI), in direzione del Passo di Valsecca, sino ad incrociare il sentiero che sale dal Rifugio Calvi verso la bocchetta di Podavit. In realtà, volendo abbreviare un poco il tragitto e, soprattutto, evitare di perdere troppo dislivello, è possibile scendere di poco dal passo Selletta e quindi piegare a sinistra lungo una traccia di sentiero (non facilmente individuabile) che poi attraverserà l’ampio ghiaione alla nostra sinistra, sino a sbucare proprio sotto la bocchetta Podavit. E’ una scorciatoia della quale però non è facile individuare l’imbocco ma che successivamente risulterà sempre segnata da bolli rossi ed omini di pietre.
Raggiunto l’ampio ghiaione ai piedi della nostra meta, si prosegue con maggiore pendenza sino alla bocchetta di Podavit, a quota 2624 metri di altitudine, ove inizia la via normale che risale la cresta nord-ovest del Pizzo del Diavolo di Tenda. Uno sguardo alle spalle e tutto sembra così piccolo, persino il Rifugio Calvi, in lontananza, pare un puntino disperso in questo paradiso orobico.
Dopo una breve sosta, si riparte dalla bocchetta di Podavit lungo quest’ultimo impegnativo tratto che, in mezz’ora abbondante, ci consentirà di raggiungere la vetta. Il sentiero è sempre ripido, almeno sino alla cresta finale ove perde un po’ della sua pendenza, ma comunque sempre ben segnato; occorre non perdere di vista i numerosi bolli (…anzi triangoli bianchi e rossi) che posti su queste particolari rocce segnano la via migliore da seguire. Si sale facendo spesso uso delle mani, passando alcuni brevi punti esposti sino a raggiungere la cresta sommitale e quindi la tanto sospirata vetta, a quota 2914 metri di altitudine. Peccato solo per le nuvole che quest’oggi hanno spesso hanno oscurato l’eccezionale panorama.
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