Pietra Parcellara e Pietra Perduca
Osservandola da lontano, pare proprio che la Pietra Parcellara sia stata scagliata a tutta forza dall’alto dei cieli e, come una scheggia, si sia conficcata in quell’incantevole paradiso che sono le colline piacentine della Val Trebbia, interrompendone così quel coerente e dolce susseguirsi verdeggiante. Pare proprio, sempre da lontano, che quella verdognola bastionata rocciosa sia persino invalicabile e si erga spietata verso il cielo per chissà quanti metri d’altitudine.
E’ solo osservandola da vicino, tastandone la porosità della roccia – ma non solo, che scopro tutt’altra realtà: la spigolosa Pietra Parcellara, che si erge nel cielo per soli 800 metri d’altitudine circa ma che in compenso è fedele al proverbio che recita “nella botte piccola vi sta il vin buono”, proviene – invece – dal profondo degli inferi: pura Ofiolite di serpentino nero ovvero la crosta oceanica che dal sottostante mantello terrestre s’è sollevata sino ad affiorare in superficie per dominare, bruscamente, quel morbido declinare delle colline piacentine. Chissà quanti anni fa…
Già da sola, la Pietra Parcellara, vale l’intera escursione. Ma il piacevole giro ad anello tocca pure la Pietra Perduca che con la Pietra Parcellara coinvolge l’escursionista in un ambiente affascinate e magico e per certi versi persino mistico. Una breve scaletta risale quel magma nero pietrificato sul quale sorge la chiesetta eretta nel X secolo ed i cosiddetti “letti dei santi”, due grandi vasche, scavate nella roccia nella notte dei tempi, all’interno delle quali convivono tre diverse specie di tritoni. Quale sia la fonte che alimenta tali vasche e la motivazione per la quale l’acqua contenuta mai evapora e mai si congela, e sempre pura e limpida consente la vita ai tritoni, è ancora qualcosa avvolto dal mistero. A ciò s’aggiunge qualcosa ancor più mistico: all’interno della della chiesetta dedicata a Sant’Anna è conservata una reliquia, un masso sul quale – si narra – compaia l’impronta del piede della Madonna.
Non vado oltre e lascio a voi scoprire quant’altro vi sia di enigmatico in questo singolare angolo dell’appennino emiliano. Io, per non sbagliare, ho dato retta alle chiacchiere di un contadino incontrato per strada, che qualche volta trovano pure d’accordo la scienza, e mi sono dissetato a più non posso di quell’acqua magica, dalle proprietà benefiche, che sgorga dalla fontanella della Pietra Perduca. Spaparazzato al sole, in quel luogo dove le inanimate rocce sprigionano energia positiva.
Descrizione del percorso
Dopo l’ampia introduzione, è ora di partire per questo piacevole giro ad anello della durata indicativa di cinque ore che prende il via da Perino, frazione di Coli, nel piacentino, dove, lasciata l’autovettura nell’ampio parcheggio ad inizio paese, si imbocca il segnavia 167. Attraversato il lungo ponte sul fiume Trebbia, ci dirigiamo – con moderata pendenza – sin verso la vicina frazione di Donceto, un pugno di poche case adagiate a favore del primo sole mattutino con bella vista sul Trebbia.
Proseguiamo oltre rimanendo sempre sulla comoda mulattiera, e, giunti alle prime indicazioni sentieristiche, pieghiamo a sinistra ( …indicazioni per il segnavia 167 ) attraverso un largo sentiero che, con maggiore pendenza, si inerpica ora tra ordinati filari di viti. Il sentiero continua verso la sdrucciolevole Pietra Marcia che notiamo proprio difronte al nostro cammino. Poco oltre il sentiero torna quasi pianeggiante per poi riprendere a salire al bivio sentieristico dove piegheremo a sinistra per abbandonare la larga sterrata. In questo tratto nel bosco, che offre qualche bello scorcio sulla vallata sottostante, si raggiunge un ulteriore bivio: a sinistra si prosegue sul facile sentiero che tocca la frazione di Brodo ( …deviazione consigliata per (E) Escursionisti ) ed in seguito la località di Pietra dalla quale è poi possibile risalire facilmente sino alla cima della Pietra Parcellara, mentre a destra si imbocca la via per la Cresta Sud ( …ascesa consigliata solo ad (EE) Escursionisti Esperti poiché presenta brevi tratti su facili roccette con difficoltà (A) alpinistica di I° grado ). La scelta di quest’ultima via, quella della Cresta Sud, oltre a regalare panorami mozzafiato sospesi tra cielo e collina consente anche di apprezzare, di toccare con mano, questo roccione ofiolitico proveniente da tanto lontano. L’arrivo in vetta, a soli 836 metri di quota, sul quel pulpito roccioso ove è fissata una piccola croce metallica e sul quale neppure la piccola capretta incontrata a metà cresta intende cedermi il posto gelosa di così tanta bellezza, permette di spaziare con la vista, e con la mente, attraverso tutto quel succedersi collinare che in primavera si dipinge di ogni giovane tonalità di verde.
Lasciamo la cima, dalla quale era già possibile osservare la successiva meta – la Pietra Perduca – ed il percorso per raggiungerla, e discendiamo il facile sentiero a nord ovest che con ampi zig zag giunge brevemente al sottostante oratorio di Parcellara. Proseguiamo verso sinistra seguendo il largo sentiero che continua in leggera discesa, sino alla vicina frazione Pietra dove un ulteriore sosta, magari proprio all’ora di pranzo, consente di degustare piatti tipici presso l’agriturismo La Madre Pietra.
Seguiamo ora la facile strada asfaltata che scende poche centinaia di metri e, giunti alle indicazioni per la Pietra Perduca, pieghiamo a destra imboccando una sterrata che con ampio semicerchio conduce sino alla chiesetta di Sant’Anna. L’atmosfera, in questo luogo dove si sente solo il soffio del vento, è davvero mistica: pochi gradini scavati nella roccia scura conducono sopra la chiesetta e alle vicine pozze d’acqua, i cosiddetti “letti dei santi”, dove in tutta tranquillità scorrazzano ben tre specie di tritoni. Anche da questa modesta altura il panorama è davvero superlativo.
Il ritorno al punto di partenza e la chiusura di questo fantastico anello escursionistico avviene attraverso un breve traversone nel prato antistante la Pietra Perduca che permette di raggiungere la frazioni di Montà e poi quella di Corbellino, quindi Donceto e Perino.