Anello Capanna Grassi
Operosa sin dai tempi antichi quando grazie alla ricchezza di acqua e risorse minerarie divenne importante tappa di quella che è meglio conosciuta come la Via del Ferro, Valtorta conserva ancora oggi importanti tracce della sua millenaria storia e, grazie alla caparbietà ed alla lungimiranza di attenti amministratori, ne esibisce orgogliosa ogni fonte di quell’antica attività produttiva che l’aveva contraddistinta.
Ecco allora che il lungo anello escursionistico che raggiunge il giro di boa della storica Capanna Grassi, che a tutto ciò regala un valore aggiunto, si snocciolano lungo il sentiero mulini, fucine e segherie, un museo a cielo aperto al cospetto delle alte cime del Pizzo Tre Signori e dello Zuccone Campelli che da sempre han dominato dall’alto il comune di Valtorta.
Seguono poi piccoli ma caratteristici borghi, come quello di Scasletto che trasuda fede e fatica, e quindi solo lo scrosciare del torrente che attraversa la verdeggiante Valle Grobbia sui cui prati punteggiano le baite Lavez e Caserone, microscopiche se raffrontate con l’elegante Pizzo di Giovanni che si alza severo alle loro spalle.
La Capanna Grassi e poi il Passo Camisolo offrono l’opportunità di osservare tutta la prima metà del percorso ma anche lo spunto per la facile salita allo Zuc di Valbona che, attraverso un breve passaggio in cresta attrezzato, si concatena giocosamente con il vicino Zuc di Cam.
Come di consueto il ritorno e la chiusura del giro ad anello consente di riprendere fiato e far sciogliere i muscoli delle gambe ma a tutto ciò, a questa scioltezza che talvolta distrae ed assopisce, non fa seguito l’affievolirsi dello stupore: l’emozione è ancora ai massimi livelli e si rinnova nel passaggio roccioso e panoramico del Passo del Toro a cui segue quello bucolico del Gandazzo dove non sarà difficile incontrare stambecchi, simbolo di questi luoghi al cospetto del Pizzo Tre Signori.
Infine, le baite di Ceresola, immerse nei verdi prati che d’inverno allietano molti sciatori, anticipano l’appagante arrivo a Valtorta attraverso il serpeggiare di un’acciottolata stradetta.
Descrizione del percorso
Lasciata l’autovettura all’imbocco dell’abitato di Valtorta (…ampio parcheggio sterrato sulla destra), imbocchiamo il segnavia 104 CAI che, marcando di pari passo la via Roma, si addentra tra le abitazioni del bellissimo centro storico.
Proseguiamo poco oltre il piazzale della chiesa ed in corrispondenza della relativa cartellonistica pubblicitaria che recita: “A soli 10 minuti… DA VISITARE!”, abbandoniamo la via Roma per proseguire sulla destra il breve tratto che ci divide dall’oasi naturalistica Bolgià.
Il panorama ora muta immediatamente: lasciate alle spalle le abitazioni il percorso prosegue in moderata discesa sino al ponte che attraversa il torrente Caravino e conduce, quindi, sul verdeggiante pianoro dove sorge l’ecomuseo all’aperto che custodisce gli antichi edifici della fucina, del maglio e del mulino.
Riprendiamo il cammino salendo la gradinata che si alza alle spalle dell’ecomuseo. Dopo la ripida salita proseguiamo lungo la larga mulattiera pianeggiante che, oltrepassato un antico ponticello, si alza nuovamente e raggiunge una prima baita. Uno sguardo alle spalle e la vista già spazia sulle sottostanti abitazioni di Valtorta.
Proseguiamo lungo l’evidente traccia di sentiero che poco, più sopra, raggiunge le poche abitazioni del borgo di Scasletto, altro bel balcone panoramico sulla sottostante vallata.
Proseguiamo il cammino seguendo il segnavia 104 CAI che, tra rurali abitazioni, si allunga fiancheggiando il borgo nella frescura della fitta vegetazione.
Ora in leggera pendenza e poi con lungo tratto pianeggiante nel fitto bosco, il sentiero raggiunge un casello dell’acquedotto dal quale poi continua con breve salita sino un’abitazione che pare abbandonata. Andiamo oltre ed entriamo nuovamente nel bosco sino ad arrivare ad un quadrivio sentieristico: scegliamo il sentiero centrale che si alza leggermente fiancheggiato da un muro a secco quasi distrutto. Un lungo traversone nel bosco e poi la discesa nella piega della vallata dove, attraversati due rivoli d’acqua, riprendiamo la salita sino all’uscita sui verdeggianti pratoni al cospetto del Pizzo di Giovanni.
Seguendo la traccia nel folto dell’erba, risaliamo mantenendoci a destra nel limitare del bosco alla nostra sinistra. Poco lontano, sotto le severe pareti del Pizzo di Giovanni, fanno capolino le baite di Lavez.
Il sentiero ora compie un ampio semicerchio verso sinistra e con maggior vigore comincia quel noto zigzagare che pian piano ci permette di guadagnare quota sino ai soprastanti pratoni che colorano di verde i bassi versanti del Pizzo Tre Signori.
Finalmente, raggiunto il soprastante un dosso erboso, possiamo prenderci qualche minuto di sosta per ammirare l’ampia vallata a capo della quale, appena sotto il Passo Camisolo, spunta la nostra meta: la Capanna Rifugio Grassi.
Proseguiamo lungo la traccia che, attraverso i pratoni, fiancheggia l’alpe Caserone e, con lungo traversone collinare, raggiunge la Capanna Rifugio Grassi.
Dopo la meritata sosta contemplativa, che ci consente di ammirare l’imponente mole del Pizzo Tre Signori, che da qui è possibile raggiungere in circa 1 ora e mezza attraverso la via del Caminetto, ed il bucolico panorama verso quasi tutto il primo tratto di sentiero appena percorso, riprendiamo il cammino raggiungendo brevemente il soprastante Passo Camisolo, altro bel balcone panoramico, questa volta sulla Val Biandino.
Lasciato il passo Camisolo, pieghiamo nettamente a sinistra e, seguendo quella che ci pare la via più comoda, risaliamo il docile versante pietroso sino alla vetta dello Zuc di Valbona, a quota 2132 metri di altitudine.
Prestando ora maggiore attenzione, questo è l’unico tratto dell’intero ad anello che raggiunge una difficoltà da EE (Escursionista Esperto), seguiamo il crinale e scendiamo dal ripido versante opposto sino alla sottostante bocchetta di Valbona che segna il valico con lo Zuc di Cam.
Dalla Bocchetta di Valbona, a quota 2046 metri di altitudine, risaliamo, con l’aiuto di alcuni spezzoni di catena, il saltino roccioso che ci consente di raggiungere l’ampia e placida dorsale. Ancora un poco di fatica e, percorso il tratto del crinale, ecco raggiunta la vetta dello Zuc di Cam, a quota 2195 metri di altitudine.
Lasciato alle spalle il piccolo altare posto sull’ampia cima dello Zuc di Cam, proseguiamo lungo la dorsale e discendiamo dal versante opposto, ora molto comodamente e su facili pratoni di ampio respiro. Poco sotto, raggiunto il segnavia 101 CAI, proseguiamo verso destra in direzione del Passo del Toro al quale giungiamo dopo un breve passaggio roccioso a strapiombo che, seppur largo e di poco impegno, è attrezzato anche con uno spezzone di catena.
Dal Passo del Toro scendiamo su sentiero a tratti sconnesso e malagevole sino al sottostante Passo Gandazzo dal quale, piegando nettamente a sinistra, rientriamo nel fitto bosco sino ad uscirne una volta raggiunti i pratoni che circondano le Baite di Ceresola (…poco distanti dalla stazione di partenza degli impianti sciistici).
Passiamo attraverso le poche abitazioni ed imbocchiamo la sterrata che si allunga a destra. Poco oltre, abbandonata la sterrata, proseguiamo diritti lungo quello che sembra un tracciato di disboscamento che successivamente diviene un’acciottolata mulattiera che ci riporta a Valtorta.