La battaglia di Pratolungo
La guerra di liberazione nella Valle Camonica vide come primo protagonista proprio il Popolo; quei semplici cittadini che già stremati ed impoveriti dalle conseguenze della Grande Guerra non poterono che aderire attivamente alle profonde ragioni dell’antifascismo. Ragioni dettate non solo da un’incompatibilità con la retorica del regime ma anche dalla concretezza insita proprio nel popolo camuno che, già avvezzo ad una quotidiana lotta per la sopravvivenza contro la povertà della terra e le avversità dei monti, si riscopre ispiratore di valori di libertà ed indipendenza. Furono queste le fondamenta che diedero vita a quell’esercito di “ribelli della montagna”, partigiani di aperta appartenenza cattolica, che confluirono nelle brigate delle Fiamme Verdi, così chiamate ispirandosi alle mostrine delle divise degli Alpini. Tra quei ribelli anche maestri e preti ma soprattutto militari, come il Colonnello Ferruccio Lorenzini.
La storia
Nato nel dicembre 1885 da una povera famiglia del mantovano e sin da giovane dedito alla carriera militare, il colonnello Ferruccio Lorenzini combatté in Libia nel 1914 e nella Prima Guerra Mondiale sul Podgora dove fu insignito della medaglia al valore militare. Congedato col grado di Maggiore, andò a vivere a Bienno, in Valle Camonica. Richiamato alle armi nel 1939, venne definitivamente congedato pochi anni dopo per motivi di salute. Dal congedo all’8 Settembre 1943 frequentò le zone del bresciano, del bergamasco e del veronese ma fu proprio a Brescia che dopo quel triste 8 Settembre entrò in contatto con elementi di spicco della lotta di resistenza che gli proposero la formazione di un nucleo partigiano. Accetto perché pratico della zona ed anche perché antifascista.
Col nome di “Stefano“, il colonnello Ferruccio Lorenzini costituì una delle prime formazione antifasciste del bresciano e con 25 uomini si stabilì nei pressi di Polaveno, tra la Valtrompia e la costa bresciana del lago d’Iseo. Nei primi giorni del dicembre 1943, in conseguenza della battaglia di Croce di Marone, il gruppo partigiano di Lorenzini si trasferì in Valcamonica e l’8 dicembre, attraversato Darfo, raggiunse le cascine di Pratolungo, nella zona di Terzano. Nel pomeriggio di quello stesso giorno però, accerchiato da almeno 150 uomini delle Brigate Nere, guidate da spie locali, il gruppo fu sottoposto ad un cruento combattimento, durato circa due ore, nel quale persero la vita cinque partigiani mentre altri quattordici furono catturati.
Persero la vita a Pratolungo Alessandro Cavalli, Mario Voltolini, Henrik Stefancic, Ivan e Stefano, combattenti sovietici che si erano uniti ai partigiani italiani. Venne ferito in loco Armando Pollastrelli. Il comandante del gruppo, colonnello Ferruccio Lorenzini, fu condotto a Darfo dove venne pubblicamente bastonato insieme ai suoi compagni. Legato mani e piedi è messo alla berlina sulla pubblica piazza fu quindi accompagnato dal Municipio alla Casa del Fascio tra gli scherni e i colpi soprattutto dei fascisti locali. I prigionieri furono poi trasferiti a Brescia il successivo 10 dicembre dove vennero nuovamente esposti ad insulti prima di essere rinchiusi nelle prigioni del Castello. Il 31 dicembre il Tribunale Militare Straordinario, convocato d’urgenza, sentenziò la condanna dei dieci partigiani di cui quattro a morte e altri a più anni di carcere militare. All’alba di sabato 1 gennaio 1944 furono fucilati il colonnello Ferruccio Lorenzini, Giuseppe Marino Bonassoli, René Renault, Kostantinos Jorgiu.
Ferruccio Lorenzini fu insignito della medaglia d’argento al valor militare alla memoria.
Descrizione del percorso
L’escursione che qui ricalca uno dei sentieri partigiani della Valle Camonica, nel territorio montano di Borno, è in realtà parte di un bel giro ad anello che oltre a raggiungere l’accogliente Rifugio Ferruccio Lorenzini, nella zona di Pratolungo, prosegue toccando poi la malga Guccione, la malga Corvino, attraversando, spesso in falsopiano, i dolci pendii dei monti Tauggine ed Altissimo. Un giro ad anello in cui sono protagonisti la Memoria per quei tristi fatti storici ed il silenzio, quest’ultimo rotto solo dal calpestio delle ciaspole che, con cadenza pressochè regolare quasi a segnare il tempo passato, affondano nell’abbondante neve caduta i giorni scorsi. Eviterò di dilungarmi nel descrivere l’intero percorso che, invece potrete trovare integralmente nell’escursione intitolata “Ciaspolata nella Valsorda“.
La partenza avviene da Borno e precisamente dalla località Croce di Salven dove, parcheggiata l’autovettura proprio nei pressi della croce, attraversata la strada, imbocchiamo la mulattiera indicata come segnavia nr. 6. Oltrepassata una sbarra metallica, proseguiamo con leggera pendenza costeggiando le pendici occidentali del Monte Tauggine. Dopo circa mezz’ora di cammino, giunti in corrispondenza di una biforcazione, possiamo indifferentemente scegliere di piegare a sinistra seguendo le indicazioni per il Rifugio Lorenzini oppure proseguire in falsopiano a destra, lungo il segnavia nr. 6. Poco oltre entrambi questi sentieri si riuniscono nuovamente anticipando gli ampi pianori della Valsorda. Il sentiero di destra prosegue nel fitto bosco di abeti che, tutti ammantati di bianco, si piegano al peso del manto nevoso.
Dopo circa un’ora di cammino ecco raggiunto il grande prato della Valsorda. Tralasciamo le indicazioni a sinistra per la Malga Corvino e pieghiamo a destra risalendo con maggiore pendenza il facile sentiero che aggira il Pian delle Città. Dopo una leggera salita il sentiero volge brevemente in discesa e, uscito nuovamente dal bosco, si allunga nelle distese prative completamente innevate. Proseguiamo facilmente sino a raggiungere un piccolo valico: volgendo lo sguardo alle spalle possiamo ammirare l’imponente massiccio della Presolana mentre difronte ecco apparire il Rifugio Lorenzini, tutto circondato da ampie distese prative. Alle sue spalle svetta invece il Monte Altissimo. Con leggera discesa raggiungiamo la Malga Pratolungo – Rifugio Lorenzini, a quota 1478 metri.