Ciaspolata su Monte Arete e Valegino
Ci sono montagne che vanno a braccetto fra loro, vivono in simbiosi l’una dell’altra. Impossibile non nominare il Diavolino parlando del Diavolo di Tenda, oppure il Cancervo senza citare il monte Venturosa, persino il monte Ocone chiede di esser associato alla Corna Camozzera. Sono cime che hanno qualche legame in comune: a volte lo stesso gruppo montuoso, certamente la fattibilità nel concatenarle più o meno facilmente. Questo almeno dal punto di vista dell’escursionista che, scegliendone una a dispetto della consorella, pur soddisfatto della bella giornata trascorsa sui monti, è infine destinato ad affermare: “la prossima volta le salirò entrambe!”.
Lo stesso discorso vale pure per i monti Arete e Valegino, due cime unite fra loro da una lunga e divertente cavalcata in cresta, straordinaria se affrontata nel pieno dell’inverno quando il lavoro del vento ha ormai trasformato il manto nevoso in scenografiche cornici che si arricciano nel vuoto.
Se veloce e molto paciosa è la ciaspolata che conduce alla cima del bonario Arete, di tutt’altro tenore è la prosecuzione in cresta verso la più alta cima del Monte Valegino: abbandono le ciaspole in favore dei più comodi e sicuri ramponi pur sapendo che nel primo breve tratto roccioso la neve ed il ghiaccio sono ormai confinati a chiazze nascoste nell’ombra. Proseguo verso il tratto sommitale dove l’uso dei ramponi è d’obbligo: la neve, ora molto abbondante ma fortunatamente compatta e portante, ha ridotto la lunga cima ad un fil di cresta largo poche decine di centimetri, mentre dintorno vengo avvolto solo dal blu del cielo, guastato purtroppo da una velata foschia. Neppure il versante opposto, quello dove si sviluppa la discesa, lascia spazio a tentennamenti: ripida e sinuosa, la traccia nella neve discende verso valle mentre caparbia mantiene quel piccante fil di cresta che richiede ancora parecchia attenzione. Infine, l’arrivo alla sottostante selletta, a scavalco tra Valtellina e Valle Brembana, mette pace al mio batticuore, adrenalinico ma di ampia soddisfazione, come pure a quel mite rimpianto che trascinavo ormai dall’inverno 2011, quando scelsi di salire solo il Monte Arete a dispetto del Valegino.
Descrizione del percorso
Lasciata l’autovettura appena dopo l’abitato di Cambrembo, frazione di Valleve, in uno slargo di pochi spazi disponibili che troviamo a destra lungo la strada che porta a San Simone, imbocchiamo la carrareccia innevata che scende dolcemente verso il centro della vallata. Attraversato il ponte in cemento che e lasciate alle spalle le due baite della località Forno, superiamo con un facile guado il torrentello per poi iniziare la facile salita nel bosco.
Giunti ad una successiva baita ristrutturata, pieghiamo nettamente a sinistra e risaliamo nell’evidente traccia che poco più sopra si inserisce in un ampio canalone contornato da una fitta abetaia. Saliamo seguendo le tracce lasciate da precedenti scialp o ciaspolatori transitati prima di noi, sino a quando il sentiero volge verso destra e s’inserisce nella fitta boscaglia per poi uscire poco più sopra nell’ampia radura dove troviamo la Baita Nuova ed un ricovero animali.
Proseguiamo salendo alle spalle del ricovero animali su sentiero ripido che ricalca la dorsale del Monte Arete mentre, a destra ed alle nostre spalle, si aprono spettacolari panorami sulla conca di San Simone.
Il sentiero si alza velocemente con stretti zig zag sino a quando pian piano si attenua e raggiunge molto facilmente le scenografiche cornici nevose della prima vetta conquistata, il Monte Arete, a quota 2227 metri di altitudine.
L’ampio panorama che offre la vetta del Monte Arete invita alla sosta tanto che, volendo, la ciaspolata potrebbe anche terminare su questa bella cima. In tal caso il rientro potrebbe avvenire attraverso un piccolo giro ad anello che si sviluppa percorrendo a ritroso il sentiero di salita per alcune decine di metri, ovvero sino a quando una comoda selletta permette la discesa a destra nell’ampio vallone sottostante racchiuso dalla cima del Monte Arete e da quella del Monte Valegino. Di seguito, raggiunta la baita Pianadei, generalmente sommersa dalla neve, non resterà altro che piegare a sinistra con ampio semicerchio sino a ritornare alla Baita Nuova.
Tenuto conto delle ottime condizioni del manto nevoso, consci che l’ascesa al Monte Valegino richiede maggior impegno ed esperienza, proseguiamo lungo la larga cresta che scende leggermente sino ad una ampia sella. Proseguiamo quindi in salita attraversando l’ambiente piuttosto roccioso che richiede, non solo l’uso obbligato di ramponi, ma spesso anche di entrambe le mani. Poco più sopra la dorsale si allarga e diviene apparentemente più docile, consentendo di recuperare energie ma, man mano che questa attenua la sua pendenza, il sentiero si stringe e scorre ora a fil di cresta in ambiente più aereo ed impegnativo. Meglio non soffrire di vertigini!
In breve la vetta è conquistata ed il Monte Valegino, con i suoi 2415 metri di altitudine, regala altri estesi panorami verso le Orobie Valtellinesi e sulla sottostante conca che la divide dal monte Arete. Proseguiamo ancora a fil di cresta lungo il sentiero che ora discende ripidamente seguendo il crinale. Giunti alla sottostante sella non resta altro che piegare a sinistra ed attraversare la conca per riportarci nuovamente verso la Baita Nuova ed il ricovero animali dai quali ripercorreremo a ritroso il sentiero di salita.