Grotte in Valle Albina
Alle spalle dell’altopiano di Selvino, località climatica tra le più affollate delle Orobie, più precisamente tra il comune di Aviatico e la sua frazione di Ama, discende una silenziosa ed angusta valletta, apparentemente anonima e poco interessante, certamente di minore importanza rispetto all’ampia e rinomata Valle Seriana della quale pare esserne tributaria, solcata da un mite torrentello e costellata da una fitta vegetazione di alti arbusti che si alzano sopra rocce dolomitiche che a tratti compongono impressionanti strapiombi: è la Valle Albina, anfiteatro di una Storia che comincia dal principio.
Sin dal momento, assai remoto, in cui le acque dell’oceano Tetide si ritirarono per lasciar affiorare le propaggini delle nostre Prealpi Orobie, facendo emergere quei monti che oggi ben conosciamo perché sovente raggiunti nelle nostre facili escursioni, come il monte Purito, il Cereto e la Cornagera, la Valle Albina è stata sinonimo delle origini della vita come testimoniano le ingenti quantità di reperti fossili, animali e conchiglie, segni evidenti di quella epoca assai lontana.
Lungo quegli scoscesi versanti, a tratti impervi e rocciosi e spesso inaccessibili, l’uomo primitivo ha trovato riparo dai tumultuosi eventi atmosferici e soprattutto rifugio contro feroci animali. Sin dall’età del rame, almeno, come testimoniano cocci, utensili e sepolture portate alla luce nelle splendide cavità rocciose, ancor oggi visitabili, conosciute con il nome di “Bus de la Scabla” e “Paradis di Asegn”.
Persino i Romani, posteri colonizzatori dell’altopiano, calcarono quel sentiero che sale da Albino e s’insinua nelle pieghe della vallata per il trasporto di materiale ferroso ed il trasferimento di schiavi utilizzati per l’estrazione. Di quella lontana epoca romana sono giunti a noi monete e suppellettili rinvenuti nella grotta denominata “Bus della Comar”.
Quel “Bus della Comar” che nella traduzione dal dialetto, Buco della Comare, della levatrice o della ostetrica, riporta comprensibilmente all’origine della vita e che lo scienziato Giovanni Maironi da Ponte descrive come “un antro che molto più s’interna sull’asse della montagna, dove l’entrata scavata nel vivo sasso è triangolare. […] che ha poco meno di cento passi di diametro. E’ tutta coperta di stalattiti, e stalamie, e presenta molte altre naturali rarità degne d’osservazione”. Lì, in quel freddo antro roccioso, dove in seguito, in epoca più recente, anche Resistenti Partigiani trovarono nascondiglio inseguendo sogni di Libertà.
Una Valle Albina che ha dunque origine nella notte dei tempi e che giunge sino a noi sviluppandosi oggi in un lungo e tortuoso sentiero, mai troppo impegnativo e mai troppo impervio, in cui con non troppa fantasia possiamo immergerci nella Storia, quella appena raccontata ma anche quella scritta dai nostri avi lungo il loro lento procedere sulla Via dei Mercanti, a noi nota come Via Mercatorum, che qui, nel solco della Valle Albina, trova una delle sue più interessanti varianti.
Descrizione del percorso
Lasciata l’autovettura nell’ampio parcheggio della stazione di partenza della funivia per Selvino, in via Milano di Albino, imbocchiamo il segnavia 550 CAI che, poco oltre sulla sinistra, segue di pari passo la strada asfaltata di via Madonna della Neve.
Nonostante l’asfalto, la salita è abbastanza comoda e con uno sviluppo di circa un chilometro conduce sino alla chiesetta della Madonna della Neve del XV secolo, con pregiati affreschi del Marinoni.
Un ultimo breve tratto asfaltato, dopodiché il percorso assume le caratteristiche classiche del sentiero rurale: largo sterrato e poi parzialmente acciottolato, lasciate alle spalle le ultime case, si alza abbastanza dolcemente nella rada boscaglia sino alla località Ol Quader.
Proseguiamo con moderata pendenza, e poi qualche zig zag che alza leggermente la quota, sino a quando il sentiero prosegue quasi pianeggiante sopra l’angusta Valle Albina sul cui ripido versante opposto possiamo notare i piloni della funivia e le guglie rocciose che affiorano sopra la boscaglia.
Oltrepassato il ponticello sul torrente Albina, proseguiamo a destra in leggera salita e, poco oltre, nel tratto in cui il sentiero piega a sinistra, abbandoniamo quest’ultimo (…ritorneremo in questo punto per proseguire l’escursione) per seguire le tracce che si staccano a destra e discendono tra l’erba poco distanti da una placca rocciosa. La traccia, seppur esile, è comunque sempre ben visibile e dopo aver perso quota per pochi metri prosegue quasi pianeggiante verso sinistra, sino a raggiungere una forra rocciosa. Prestando ora maggiore attenzione, risaliamo la strettura rocciosa di questi selvaggi luoghi mentre a sinistra possiamo notiamo che la parete, utilizzata come palestra di arrampicata, termina sul fondo con una ampia apertura che è l’ingresso della nostra prima meta: la grotta Paradis di Asegn. Aiutati dalla lunga corda in canapa che scende da sopra l’ingresso alla grotta, risaliamo lo sdrucciolevole tratto che conduce all’interno della stessa ove, quindi, potremo ammirarla con tutto comodo.
Lasciata la grotta Paradis di Asegn e ritornati sul sentiero 550 CAI abbandonato poco prima, proseguiamo in salita verso Selvino.
A tratti pietroso e poco agevole, il sentiero risale sempre con moderata pendenza sino a quando, giunto a quota 770 metri di altitudine, possiamo abbandonarlo nuovamente per risalire a destra una traccia che, con breve ma ripido strappo, raggiunge la nostra seconda meta: la grotta del Bus de la Scabla.
Dopo la gratificante visita di questa seconda grotta, molto più semplice ma altrettanto bella come quella del Paradis di Asegn, riprendiamo il cammino continuando lungo il sentiero che, in salita, passa alto sopra la grotta del Bus de la Scabla e raggiunge quindi un sentiero pianeggiante che a destra conduce verso Bondo Petello. Noi pieghiamo, invece, a sinistra e proseguiamo sino alla vicina cappella Madonna del Portico.
Lasciamo alle spalle quest’angolo di preghiera e raccoglimento, per proseguire ancora verso Selvino. Raggiunto il bivio sentieristico per Ama ed Aviatico, contraddistinto da una bella pietra miliare, pieghiamo a sinistra fiancheggiando un muretto a secco di ottima fattura che lambisce i prati delle prime abitazioni. Poco oltre, abbandoniamo nuovamente, ed ora definitivamente, il segnavia 550 CAI che conduce a Selvino, e, in concomitanza di alcune etichette metalliche apposte sul tronco di un albero, pieghiamo nettamente a sinistra con direzione del Monte Cereto.
Discesi sino all’alveo dell’esile torrentello, risaliamo il versante opposto e, poco oltre, giunti in prossimità della fitta abetaia, abbandoniamo il sentiero (…ci ritorneremo dopo la visita alla grotta della Comar) per piegare a sinistra lungo l’evidente traccia che, dopo un breve falsopiano, raggiunge l’ultima grotta dell’escursione: la grotta della Comar.
Tornati alla precedente deviazione, proseguiamo in salita sino ad inoltrarci nella bella foresta di abeti altissimi che pare tocchino il cielo azzurro. Pieghiamo ora a sinistra e seguiamo il sentiero che con lungo traversone piuttosto pianeggiante attraversa i versanti del Monte Purito.
Raggiunto il punto in cui il sentiero si alza con stretti zig zag, risaliamo sino ad incrociare un bivio sentieristico: a sinistra la traccia poco evidente scende verso Albino. Proseguiamo verso destra e leggermente in salita raggiungiamo una larga mulattiera pianeggiante (segnavia 536 CAI).
Pieghiamo a sinistra e proseguiamo molto comodamente sulla mulattiera che ben presto diviene uno stretto sentiero montano, sino al Pià de la Loera.
Da questo panoramico valico è già ben individuabile la nostra meta finale, il Monte Cereto. Seguendo le indicazioni sentieristiche presenti, possiamo proseguire lungo il segnavia 515 CAI che, quasi pianeggiante, taglia basso la dorsale alla nostra destra. Molto più panoramico è, invece, la prosecuzione lungo la traccia che, con un poco di fatica in più, solca la cresta della dorsale.
Pertanto, lasciamo a sinistra il segnavia 515 CAI e risaliamo la dorsale che si alza alla sua destra e permette di godere dell’ampio panorama sula strada provinciale che da Nembro porta a Selvino.
Raggiunta la china, la traccia di sentiero discende sino a immettersi nuovamente sul sentiero 515 CAI. Proseguiamo lungo quest’ultimo segnavia sino al bivio con una traccia evidente che scende a sinistra verso la Madonna della Neve e la Sorgente Foglie (…ritorneremo a questo bivio sentieristico al ritorno dal Monte Cereto). Proseguiamo diritti e, oltrepassato il capanno da caccia, raggiungiamo finalmente la cima del Monte Cereto, a quota 936 metri.
Nonostante la modesta altitudine, la cima del Monte Cereto consente una panoramica a tutto campo: appena dirimpetto troviamo la dolce mole del Monte Misma mentre verso ovest quella più aguzza delle Podone a cui fanno da sfondo le cime delle Orobie e quelle della Valcamonica.
Purtroppo è altresì ben evidente la colata di cemento ed asfalto, frutto di una sproporzionata (…forse irresponsabile?) cementificazione che ha relegato angoli di verde e natura solo ai margini ed ai piedi delle montagne mentre il fondovalle è talmente compattato, paese con paese, da rendere ormai invisibile l’alveo del fiume Serio ma anche il confine dei comuni che costellano questo tratto di Valle Seriana.
Il lungo giro ad anello volge verso il termine: facciamo ritorno al precedente bivio sentieristico e pieghiamo a destra seguendo le indicazioni per la Madonna della Neve e la Sorgente Foglie. La ripidissima discesa nell’erba segue un sentiero diretto che infine raggiunge il santuario della Madonna della Neve e, quindi, il punto di partenza.