Val Tidone e la Rocca d’Olgisio
Quasi fosse il cilindro di un impareggiabile illusionista, dal magico zaino montano fuoriescono un castello e due monache benedettine, oscure grotte e profumatissimi fichi d’india nani, un campanile orfano della chiesa sepolta da una frana e strani altari sacrificali, aerei speroni rocciosi e dolci massi affusolati, oltre a panoramici pulpiti raggiungibili solo attraverso strettissime spaccature nella pietra. Dulcis in fundo ancora loro, i tritoni, già incontrati nell’escursione sulla Pietra Perduca, che oggi nuotano liberamente in una vasca scavata nella pietra ed alimentata solo dal netto cadenzare di una goccia che, instancabile, segna pure il lento ritmo dell’escursione. E nel silenzioso sottofondo, rotto solo dal mite soffio del vento e dal regolare calpestio dei passi, s’innalza lo scenografico dolce alternarsi delle colline piacentine, verdi verdissime come ogni inizio di primavera.
Tutto proprio come nel più bel racconto dei fratelli Grimm, dove la fiaba comincia col classico: “C’era una volta…”. Ecco, dunque: “C’era una volta un castello arroccato sulla rupe scoscesa tra la Val Tidone e la Val Chiarone, la Rocca d’Olgisio appunto, nel quale viveva il nobile Giovannato. Con lui le uniche due figlie femmine, Liberata e Faustina, che per sfuggire all’inesorabile destino di un degno e nobiliare matrimonio, scapparono dal castello e, attraverso speroni rocciosi e profumatissimi fichi d’india nani, trovarono riparo in una buia grotta posta sul crinale. Solo più tardi le due donne fuggirono ancor più lontano in cerca di un altro tipo di vita, quello della contemplazione e della fede. Divennero monache benedettine a Como e, col tempo, dopo la morte, furono proclamate Sante. Ma non corriamo troppo, l’escursione deve ancora compiere i suoi primi passi…”
Rimane solo il tempo per un breve cenno storico, neppure troppo remoto, in Memoria di coloro che sul finir del secondo conflitto mondiale utilizzarono la rocca d’Olgisio come sede del Comando della II^ Divisione Partigiana di Piacenza e lì, su quelle che ora sono dolci e serene colline, combatterono sino alla morte in nome della Libertà, contro l’oppressore nazifascista. Buon 25 Aprile, buona festa della Liberazione!
Eventuali informazioni sul percorso ed altri itinerari del territorio piacentino possono essere chiesti a Paola Magnaschi, che ringrazio per l’ottimo consiglio.
Descrizione del percorso
L’escursione prende il via da Chiarone, frazione di Pianello Val Tidone, e – con precisione – subito dopo il ponte sull’omonimo torrente dove, a destra, troviamo le prime indicazioni del segnavia CAI 209. Scesi sul greto del torrente Chiarone, ne seguiamo per un breve tratto il suo fianco orografico sinistro mentre attraversiamo le pendici della scoscesa parete argillosa che scende da sinistra. Poco oltre, il sentiero abbandona il fianco del fiume e piega verso il bosco per poi salire molto ripidamente sino a sormontare la precedente parete argillosa a calanco.
Tralasciamo le diverse deviazioni incontrate per continuare sempre lungo il segnavia CAI 209 che, poco oltre, diminuisce la sua pendenza sino a raggiungere ad soleggiata zona rocciosa sulla quale nascono deliziosi fichi d’india nani. Proseguiamo attraverso alcune rocce affusolate dal tempo e quindi un bel tratto di affilata ed aerea cresta rocciosa, sino a giungere in breve al delizioso e ben tenuto prato che anticipa l’imponente Rocca d’Olgisio. Percorse poche decine di metri nel verde prato, prima di raggiungere la Rocca d’Olgisio, scendiamo a destra dove la staccionata in legno si interrompe; un breve tratto di sentiero scende pochi metri e raggiunge la grotta delle Sante Faustina e Liberata che lì trovarono rifugio per sfuggire al matrimonio imposto a loro dal nobile padre Giovannato.
Ritornati sul pianoro prativo possiamo ora osservare l’imponente complesso fortificato della Rocca d’Olgisio. Fiancheggiando nel prato la cinta muraria, riprendiamo il cammino verso una visibile guglia rocciosa presso la quale troviamo nuovamente le indicazioni bianco – rosse del sentiero. Saliti pochi gradini scavati nella roccia percorriamo lo stretto corridoio roccioso scavato nella guglia, sino all’estremità opposta dove il panoramico bivio ci permetterà di raggiungere, piegando a destra lungo e un traverso messo in sicurezza da tubi metallici, la grotta della Goccia, un luogo alquanto particolare dove una piccola vasca nella quale vive una colonia di tritoni è alimentata solamente dal lento e costante cadere di una goccia d’acqua.
Riprendiamo il cammino facendo un passo indietro: tornati al precedente panoramico bivio, anzichè piegare a sinistra per ritornare verso la Rocca d’Olgisio, proseguiamo verso destra e, scesi alcuni gradini rocciosi, continuiamo lungo la panoramica ed aerea dorsale che quindi si immette nuovamente nel bosco. In breve raggiungiamo il pulpito sul quale è posto l’altare sacrificale formato da gradoni scavati nella roccia e profondi fori destinati alle palificazioni.
Si scende nel bosco sempre più ripidamente. Occorre pertanto prestare attenzione ad appoggiare stabilmente i piedi per evitare che il terreno scivoloso, e spesso umido, possa coinvolgerci in cadute rocambolesche.
Raggiunto e guadato il mite torrentello Rio Cisello, risaliamo il breve strappo di sentiero sino alle indicazioni sentieristiche: proseguendo verso sinistra possiamo far ritorno velocemente al punto di partenza (…la località Chiarone, su segnavia 209 CAI) mentre a destra, lungo il bel sentiero 211 CAI. che si sviluppa nel bosco di castagni, possiamo raggiungere, dopo uno stretto passaggio nella fenditura della roccia, la panoramica cima del Monte San Martino. Raggiunto quest’ultimo pulpito non resta altro che scendere dal versante opposto e raggiungere la sottostante area archeologica dove sono stati recentemente ritrovati importanti e preziosi reperti. Dal pianoro archeologico possiamo seguire le indicazioni a sinistra per ritornare sul segnavia 209 CAI e quindi scendere sino bivio sentieristico collocato presso il torrente Rio Cisello per poi far ritorno a Chiarone sempre su segnavia 209 CAI. Oppure, attraversato il pianoro archeologico, saliamo al settore sommitale, occupato anch’esso dagli scavi, e, ritrovato il segnavia, lo seguiamo in forte discesa sino ad incontrare un tratto più roccioso oltre il quale proseguiamo nuovamente in discesa. Scendiamo ancora sino a fiancheggiare una particolare grotta annerita dal fumo e scavata in un grosso blocco di arenaria, sino alla sottostante Cappella dedicata alla Madonnina di Lourdes e quindi, brevemente, scesi i numerosi scalini, sino alla strada che prosegue a destra verso la località Chiarone. Naturalmente, giunti sulla strada, pieghiamo a sinistra sino a raggiungere il punto di partenza.