Monti Tremezzo e Crocione in Valle Intelvi
Parto ancora all’ultimo minuto con quella manciata di mete che mi frullano per la testa ma che, pian piano, nella lenta e trafficata autostrada verso il capoluogo lombardo ed i laghi, si alternano ed immagino una più bella dell’altra: il lontano Devero e magari il Pizzo Bandiera, la cima Pianchette o forse il Bisbino. Chissà…
Tra una breve accelerata ed una brusca frenata, mi ritrovo in direzione di Como, e poi verso la Valle d’Intelvi. La meta ora è ben chiara: la lunga dorsale dei monti Lenno, Galbiga, Tremezzo e Crocione. Quel facile e lungo itinerario che alterna il dolce saliscendi di cime dalla modesta altitudine ma dall’eccezionale panorama a scavalco tra Italia e Svizzera, immerso in quei luoghi dove la Storia è stata scritta con la “S” maiuscola dai tanti militari che, impiegati nel primo conflitto mondiale, presidiarono per tanti Natali il territorio italiano all’interno di fredde trincee e buie postazioni militari.
Descrizione del percorso
Abbandonata la Strada Statale Regina ad Argegno, saliamo a sinistra verso la Valle Intelvi: continuiamo sino a San Fedele Intelvi e poi a Pigra dove, imboccata la strada che porta al Rifugio Boffalora, proseguiamo lungo la stretta carreggiata che porta sino all’Alpe Colonno dove, quindi, è possibile lasciare l’autovettura nell’ampio parcheggio. In realtà sarebbe anche fattibile raggiungere la vicina località Boffalora ma occorre tener conto della scarsa possibilità di parcheggio.
Lasciamo alle spalle le poche abitazioni dell’Alpe Colonno ed incamminiamoci lungo la strada asfaltata che dopo il breve tratto pianeggiante discende dolcemente e, con ampio semicerchio, attraversato il fitto bosco, giunge sino presso il rifugio Boffalora.
Proseguiamo lungo la strada che, ora in leggera salita, fiancheggia la cappella degli Alpini e raggiunge con pochi tornanti l’Alpe Ossuccio. Superate le poche case, abbandoniamo la strada asfaltata per risalire a sinistra gli ampi pratoni che con non poca fatica e spesso rade tracce di sentiero ci permettono di raggiungere la cima del Monte Lenno, a quota 1589 metri di altitudine. Nonostante la quota molto modesta, il Monte Lenno, così come tutta la lunga dorsale che ora prende forma davanti ai nostri occhi e delinea il logico itinerario da seguire, offre infiniti e spettacolari panorami tra Italia e Svizzera: da un lato il sottostante Lago di Lugano mentre sul versante opposto il fa bella mostra il Lago di Como. Entrambi circondati dall’infinita catena alpina e prealpina di cime più o meno conosciute.
Lasciamo alle spalle il cippo di confine posto in prossimità della cima del Monte Lenno e proseguiamo lungo la dolce dorsale erbosa che ora discende pian piano sino all’omonimo alpeggio. Oltrepassiamo il bacino abbeveratoio per animali e risaliamo, a spanne e per la via meno faticosa, il ripido versante del Monte Galbiga.
Stretti zig zag e passaggi su infide zolle erbose ci permettono comunque di raggiungere la quota 1698 metri del monte Galbiga ove, sull’estremità opposta della dorsale, svetta un imponente la croce di vetta. Uno sguardo alle spalle sul primo tratto percorso mentre lontano, ma mai così vicino, si alza imponente la mole del Monte Rosa.
Continuiamo lungo la facile dorsale che ora discende verso il Rifugio Venini mentre regala ampi panorami sul Monte Legnone, sul sottostante ramo del lago di Como e sull’abitato di Menaggio.
Il Rifugio Venini è l’opportunità per lasciarsi trasportare in un viaggio indietro nel tempo di almeno cent’anni: postazioni fortificate su più livelli che accoglievano cannoni da 149 mm e mortai 210 mm puntati verso l’eventualità (…fortunatamente mai avveratasi) di una possibile invasione nemica dalla Svizzera. Una fitta ramificazione di buie gallerie e camminamenti, possenti muraglioni che anticipavano e coprivano il via vai logistico lungo la strada militare. Il tutto facente parte di quell’esteso sistema difensivo italiano alla Frontiera Nord con la Svizzera e popolarmente noto come Linea Cadorna.
Proseguiamo la lunga escursione conoscendo più da vicino quel complesso di opere di difesa permanenti che furono realizzate alcuni anni prima dell’inizio del primo conflitto mondiale e che, purtroppo, divennero teatro di sanguinosi scontri tra partigiani e forze nazi-fasciste sul finire del secondo conflitto mondiale.
Lasciata a destra la strada militare, proseguiamo a fil di dorsale tra i resti delle postazioni fortificare, sino a raggiungere brevemente la cima del Monte Tremezzo, a quota 1700 metri, capeggiata dalla stilizzata scultura mariana posata nel 1996 dal Cai di Desio.
Ripartiamo nuovamente in discesa prima di affrontare la salita alla vicina cima del Monte Crocione. Il sentiero prosegue lungo la dorsale e man mano si avvicina all’ampia sella sulla quale sono adagiati i resti del caratteristico alpeggio Tremezzo che da solo vale l’intera escursione: baite in pietra più o meno sofferenti al passare del tempo, alcune andate persino distrutte mentre a tutto ciò fa da contorno un invidiabile panorama a trecentosessantagradi rimasto inalterato. Incantevole!
Un ultimo sforzo ed anche la vetta del monte Crocione è raggiunta. Appena pochi metri più basso del monte Tremezzo, con i suoi 1641 metri di altitudine e la strategica posizione di punta, il monte Crocione ripaga tutta la fatica spesa per questa lunga dorsale della Valle Intelvi!
Il percorso di ritorno si sviluppa ora quasi interamente lungo la strada militare che passa basso sotto i versanti delle cime appena conquistate. Pertanto, ritornati all’Alpe Tremezzo, anziché risalire la dorsale, proseguiamo più bassi ed a mezza costa aggiriamo il monte Tremezzo. Imboccata quindi la strada militare, non resta altro che seguirla e far ritorno al punto di partenza.